Introduzione

L’interesse per le fenomeni e i modelli neurodinamici nasce dall’osservazione che i cervelli delle specie superiori sono sedi d’attività elettriche oscillatorie di natura e funzioni non ancora ben capite. Nel paradigma neurodinamico rientrano i comportamenti delle reti neuronali che si presentano all’osservazione microscopica come oscillazioni delle frequenze di scarica dei neuroni e come attività elettroencefalografica (EEG).

Questo paradigma non è in contrasto com gli assunti principali di quello connessionista, in particolare con la teoria del rinforzo sinaptico ipotizzata da Hebb mezzo secolo fa e confermata in tempi più recenti dalla scoperta del potenziamento a lungo termine (long-term potentiation).

Anzi, esso richiede un ampliamento delle ipotesi connessioniste, poiché si conoscono anche fenomeni di depotenziamento a lungo termine (long-term depression) e di rinforzo o indebolimento delle connessioni sinaptiche (short-term potentiation, depression ecc.) di varia durata temporale. Esso impone semmai il trasferimento dei concetti connessionisti ad un livello descrittivo più complesso, di cui manca tuttavia una completa comprensione. Secondo il paradigma neurodinamico il reclutamento di un ricordo da parte d’un messaggio evocatore dovrebbe spiegarsi non tanto come un processo inizializzato da un insieme di stimoli esterni e rapidamente convergente verso un attrattore stabile d’una rete nervosa multistabile, quanto piuttosto come un processo oscillatorio convergente verso un ciclo limite di una rete nervosa dotata di numerosi attrattori dinamici. Tuttavia, i fenomeni neurodinamici non riguardano solo il funzionamento della memoria, ma anche, ad esempio, l’integrazione e la selezione di pattern sensoriali mediante la sincronizzazione delle scariche neuronali, la formazione temporanea di reti di comunicazione temporanea tra le diverse parti del sistema nervoso centrale e probabilmente altri importanti processi non ancora scoperti.